Se vuoi puoi vedere il video dell’intervista sul mio canale YouTube Finanza Semplice qui sotto
Ti metto anche il video dell’intervista con Francesco Avella sulla tassazione delle criptovalute sul mio canale YouTube Finanza Semplice
Se vuoi puoi ascoltare l’audio dell’intervista sul mio podcast Finanza Semplice qui sotto
E ti metto anche l’audio dell’intervista precedente con Francesco Avella
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NUOVA LEGGE SULLE CRIPTOVALUTE: COSA CAMBIA?
Il 1° gennaio 2023 è entrata in vigore, a seguito della Legge di Bilancio 2022, una nuova e inedita normativa in materia di criptovalute.
Di cosa si tratta? Cosa cambia?
Ne ho parlato con Francesco Avella – trader, tributarista, collaboratore del Sole 24ore ed esperto di criptovalute – nell’episodio 190 del podcast.
Alfonso Selva:
Buonasera Francesco, benvenuto e grazie per aver accettato di partecipare a questo piccolo podcast amatoriale
Francesco Avella:
È un grande piacere, invece, buonasera Alfonso.
Alfonso Selva:
Allora, è entrata in vigore una nuova legge sulle criptovalute che regolamenta tutto il settore. È cambiato tutto rispetto al 2022 o è rimasto sostanzialmente tutto uguale?
Francesco Avella:
Cambiamenti ce ne sono stati sicuramente. Non parlerei di un cambiamento epocale, ma sicuramente abbiamo davanti una norma epocale: fino ad oggi si lavorava senza una vera norma e quindi si andava un po’ a tentoni, cercando di riportare le cripto all’interno di quelli che erano i criteri già conosciuti.
Questa legge ci ha preso in contropiede da questo punto di vista. Secondo l’Agenzia delle Entrate erano da trattare come si trattano le valute estere.
Ora, come tu hai detto, la questione era dibattuta, quindi è epocale il fatto che l’Italia abbia inserito una norma. Peraltro, ti segnalo che siamo tra i pochissimi Paesi al mondo ad avere una norma fiscale, e quindi da questo punto di vista siamo anche abbastanza pionieristici, se vuoi. Quindi, in merito a questa normativa, posso dirti da un lato “male” perché è prevista una tassazione, dall’altro “bene” perché almeno abbiamo delle regole.
È importante, tuttavia, specificare che si tratta di regole che ancora oggi hanno dei limiti: la norma è stata varata nella fretta della legge di bilancio preparata in un mese a seguito dell’insediamento del nuovo governo.
Quindi, con tutti i limiti che può avere una norma fatta in un mese, quindi forse non adeguatamente ponderata, abbiamo qualcosa su cui veramente ragionare, non più “L’Agenzia delle Entrate ha detto che…”, ma un testo di legge vero e proprio.
Ora è ufficiale che i rendimenti su criptovalute devono essere tassati, ma ci sarà da risolvere alcuni temi interpretativi.
Alfonso Selva:
Nel mio piccolo, penso che sia un grande passo e molto importante, perché, come tu sai, le banche italiane sono sempre state molto restie a trattare le cripto in mancanza di regole precise.
Invece penso che sia una grande cosa, perché una regolamentazione permette di pianificare meglio: se so che esiste questa legge, mi setto per fondare un business su queste regole. Quindi penso che le banche, così come qualunque società che tratti cripto, con queste regole potranno gestire un business più ordinato e che ci saranno molti vantaggi anche per i risparmiatori.
D’altra parte, le tasse si pagano anche investendo in azioni, in obbligazioni.
Francesco Avella:
C’è da dire che la legge italiana al momento riguarda solo l’aspetto fiscale, mancano ancora un po’ di regolamentazioni che teoricamente stanno arrivando: in Europa si parla di un nuovo regolamento, MICA, che aggiungerà un altro tassello alla regolamentazione, aiutando sicuramente banche e operatori a sapere quali siano le “regole del gioco”.
E questo è fondamentale perché molti non cominciano nemmeno a “giocare” se non conoscono le regole, che è una cosa molto comprensibile.
Alfonso Selva:
Certo, soprattutto gli intermediari finanziari che hanno regole molto stringenti, con ripercussioni pesanti su eventuali errori, possono tendere a evitare di mettersi in gioco senza una regolamentazione fissa e condivisa.
Allora da quando entrano in vigore queste nuove regole? Presumo, dal primo gennaio di quest’anno, giusto?
Francesco Avella:
Sì, dal 2023, quindi riguarda tutti i guadagni che si andranno a realizzare da quest’anno in avanti, il che significa che per i guadagni del 2022 ci si baserà ancora sui vecchi princìpi: la dichiarazione che si va a fare quest’anno che riguarda il 2022.
Comprenderemo gli effetti di questa nuova legge con la dichiarazione che si farà nel 2024 per il 2023. Tuttavia, però già oggi nell’operare bisogna considerare le nuove norme: le incertezze interpretative di cui abbiamo già parlato inibiscono le persone.
La norma ha letteralmente 20 giorni e finché non ci saranno dei chiarimenti, specialmente da parte dell’Agenzia delle Entrate, rimarranno delle zone d’ombra in cui non si sa bene come muoversi.
Alfonso Selva:
fammi fare una domanda un po’ da uomo della strada, perché quelle servono a capire, per il passato quindi 2022, 2021, bisogna applicare le vecchie regole?
Francesco Avella:
Esatto, esattamente così.
È una questione un po’ anomala: la legge di bilancio ha, infatti, avallato l’interpretazione che l’Agenzia delle Entrate aveva mantenuto fino a prima della legge.
Mi spiego meglio: prima di questa normativa, non c’era una regolamentazione e l’Agenzia delle Entrate operava secondo la sua interpretazione; nella legge di bilancio è presente una norma che si chiama transitoria, che punta a gestire la transizione fra un regime e l’altro e che, di fatto, è scritta per legittimare quello che era il modo di operare dell’Agenzia delle Entrate fino al 2022.
A questo, quindi, si affiancano le normali regole del gioco, per cui ogni contribuente può sanare i comportamenti passati pagando una sanzione specifica, mediante una procedura che si chiama “ravvedimento operoso”.
Alfonso Selva:
Parliamo della procedura che è stata usata per i condoni fiscali, i condoni per il rientro dei capitali?
Francesco Avella:
Non esattamente: la procedura ordinaria del ravvedimento operoso in Italia esiste da anni e significa che, avendo inviato le dichiarazioni in ritardo, c’è da pagare una sanzione.
A questa procedura di ravvedimento operoso, la legge di bilancio ne ha affiancato un’altra, che somiglia alla voluntary disclosure che tu dicevi, cioè ne ha introdotta una nuova che andrebbe fatta di concerto con l’Agenzia delle Entrate, andando a dichiarare tutte le altre entrate.
Questo naturalmente è volto a incentivare i cittadini a regolarizzare il passato.
Purtroppo, c’è da dire che questa norma ha dei limiti veramente marchiani e, quindi, se non ci sarà un intervento di un certo tipo, difficilmente si riscontrerà una grande adesione, perché non risulta conveniente.
Alfonso Selva:
Vuoi spiegare con parole semplici perché, secondo te, non sarà presa in considerazione da chi aveva delle cripto precedentemente?
Quali sono le criticità più grandi, senza entrare nello specifico?
Francesco Avella:
Questa procedura non risulta conveniente perché nasce per costare al contribuente il 2,5% del valore delle cripto che possiede, che non sarebbe un prezzo disonesto, se non fosse lo stesso che si dovrebbe pagare se si facesse il ravvedimento operoso.
Quindi, non solo non si vede la convenienza nel preferire una procedura all’altra, ma soprattutto, nell’altra bisogna andare a parlare con l’Agenzia delle Entrate, spiegando il tutto con il rischio che dall’altra parte non ci sia una conoscenza approfondita dell’argomento e che quindi non si venga capiti.
Inoltre, si parte con l’idea del 2,5%, ma si rischia di arrivare molto vicino al 20%, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse avere da ridire.
Una forbice che va dal 2,5% a un quasi 20% è davvero troppo significativa per poter essere tollerata, anche perché sembra di consegnare una sorta di assegno in bianco all’Agenzia delle Entrate, che può disporre come meglio crede della tassazione sulle cripto. Se questa norma verrà mantenuta senza modifiche, dubito che possa risultare interessante.
È la maggiore criticità che si riscontra: troppa discrezionalità dell’agenzia delle entrate.
Non vanno sottovalutati i rischi per il dichiarante:
stando alla legge, è necessario dichiarare la liceità dei fondi usati; di per sé non sarebbe un problema perché la maggior parte degli investitori normali hanno investito soldi che avevano in banca, ma diventa un problema spiegare poi come questi soldi, una volta entrati nel mondo cripto hanno mutato forma dieci, venti volte, perché magari si è cominciato con una cripto, poi si è passati a un’altra e ricostruire tutti i passaggi può risultare difficoltoso.
Alfonso Selva:
C’è da dire anche che molte volte l’investitore non dispone di tutta la storia contabile del suo investimento:
magari ha cominciato dieci anni fa, quanto le cripto valevano molto meno di oggi, e negli anni ci sono stati molti passaggi di cui non ha una documentazione completa.
Francesco Avella:
O, se ha la documentazione, magari è in formato Excel, come accade con gli Exchange oggi, che è l’unico disponibile, ma l’Agenzia delle entrate potrebbe non accettarlo perché è un formato modificabile.
D’altra parte, se l’investitore non ha altro, si trova in seria difficoltà, nonostante la buona volontà di regolarizzare tutto. Per questo dico che la discrezionalità totale dell’Agenzia delle Entrate è rischiosa: se ci fosse una grande convenienza sul versante economico, si sarebbe ben disposti ad affrontare tutta la procedura, con la documentazione e le spiegazioni del caso.
In questo caso, però, mi trovo davanti una trafila burocratica potenzialmente sfiancante senza un ritorno in termini di convenienza.
Per questo mi trovi abbastanza pessimista sull’efficacia di questa procedura.
Alfonso Selva:
Quindi il tuo consiglio è di aspettare che arrivi qualche informazione in più per capire come fare il ravvedimento sugli anni passati?
Francesco Avella:
Il consiglio è di aver fatto la dichiarazione già da tempo, naturalmente.
A chi non l’avesse fatta, consiglio di aspettare: questa procedura è prevista dalla legge, ma ci vorranno mesi prima che venga effettivamente attivata; è meglio prendersi del tempo per aspettare eventuali sviluppi.
Alfonso Selva:
Andiamo ora al cuore della cosa:
a grandi linee, cosa cambia, quali sono le cose più importanti con questa nuova legge nel 2023? Quali sono gli aspetti più eclatanti rispetto a prima?
Francesco Avella:
Tra le novità più “eclatanti”, troviamo sicuramente tutta la messa a rendita delle cripto:
se qualcuno nel passato ha messo a deposito un rendimento – in questo caso si parla di staking – può avere ottenuto altre cripto, che altro non sono che il rendimento dato dal fatto di essersi resi disponibili per vincolare le proprie cripto attività.
Di fatto, nel monto delle criptovalute, si possono avere tre tipi di rendimento:
il primo è il trading classico, in cui compri e vendi e il guadagno risultante è il rendimento.
Il secondo tipo di rendita deriva dal fatto di vincolare delle cripto ad attività in piattaforme specifiche: nel momento in cui mi presto a questo vincolo, ottengo un introito dal tasso che viene imposto.
La terza possibilità è meno frequente, ossia le altre modalità con cui tu puoi ottenere criptovalute, come il cashback, che, magari utilizzando certe carte di credito, che ti può essere erogato in cripto, o come gli airdrop che ti possono a volte essere concessi che sono delle forme di ottenimento diciamo gratuito di cripto senza che tu debba necessariamente vincolarne altre.
Con la vecchia norma, in cui secondo la logica dell’Agenzia delle Entrate, le criptovalute erano uguali alle normali valute, il trading era tassato al 26%;
con questa nuova norma, rimane tassato al 26%, quindi non c’è un cambiamento sostanziale; la differenza sta nel fatto che le cripto vanno in un basket separato, anche ai fini del calcolo delle minus e del riporto delle minusvalenze.
Ma, a parte questa differenza, che è un tecnicismo 26% era e 26% rimane la tassazione su questi plusvalori.
La differenza sulle rendite, invece, è sostanziale perché, secondo l’Agenzia delle Entrate, prima andavano a IRPEF con le aliquote marginali – quindi fino al 43% più le addizionali -, ora, invece, vanno al 26% anch’esse insieme alle plus e le minus in questo grande calderone cripto.
Da questo punto di vista non è solo una buona notizia, ma anche un cambiamento importante perché parliamo di punti percentuali non da poco.
L’altra grande novità davvero significativa è la possibilità di detenere le cripto presso intermediari o operatori cripto italiani e si potrà scegliere di far applicare a loro le imposte per conto nostro.
Finora, era l’investitore a doversi preoccupare della dichiarazione dei redditi, occupandosi dei conteggi, del calcolo delle imposte e del loro pagamento.
Dal 2023, invece, sarà possibile lavorare sulle cripto come si lavora sulle altre attività finanziarie.
In più, rivolgendosi a un operatore italiano, non bisognerà più preoccuparsi di fare il quadro RW della dichiarazione dei redditi, ossia il quadro in cui si dichiara il possesso di criptovalute.
Di fatto, ci sono due possibilità:
la prima è far gestire la propria dichiarazione delle cripto a intermediari italiani, con tutte le agevolazioni di cui abbiamo appena parlato.
La seconda è affidarsi a exchange esteri o wallet privati e in questo caso bisogna preoccuparsi della dichiarazione al 26% e compilare il quadro RW.
Questa possibilità di scelta prima non c’era e costituisce una grande facilitazione per chiunque decida di investire in criptovalute, specialmente perché ci si può affidare a intermediari italiani, che sono decisamente più controllati della Binance di turno o di un curatore che si trova dall’altra parte del mondo.
Alfonso Selva:
Posso fare un inciso da consulente finanziario sulla rendita a cripto?
Penso sia importante per chi intenda iniziare ad approcciarsi a questo mondo.
Qualche tempo fa ho parlato nel podcast del caso FTX: fondamentalmente, quando tu blocchi presso degli intermediari queste cripto, non hai nessuna garanzia che le riavrai perché non ci sono tutele, non c’è nessuna CONSOB a cui rivolgersi; cos’è successo?
FTX ha fatto quello che voleva di queste cripto, le ha date, prestate, giocate, rubando 30 miliardi di dollari proprio perché nessuno poteva controllare cosa facessero con quelle cripto valute.
Fino a qualche tempo fa, TikTok e YouTube pullulavano di sedicenti influencer che sponsorizzavano questo tipo di servizio, ora sono spariti, non ce n’è più traccia: o sono diventati tutti ricchi o è successo qualcosa che li ha obbligati a smettere di pubblicizzare cose simili.
Quanto accaduto con FTX è gravissimo perché parliamo di quello che era il secondo exchange più importante al mondo, nessuno avrebbe mai creduto che potesse accadere una cosa simile.
Ci tenevo a sottolineare questo aspetto perché spesso vengono da me e mi dicono “eh vabbè, ma tu sull’obbligazione mi dai il 3%, ma se io compro la cripto XY, quella mi dà il 2% al giorno.”.
Sì, certo, ma come fa a darti il 2% al giorno?
Quello è uno schema Ponzi: prendono dei soldi perché devono fare un po’ di pubblicità, ma poi finisce, questo giochino non si regge.
Scusa, ma era un sassolino che mi doveva levare dalle scarpe. Io definisco la rendita a cripto “croce e delizia” perché, sulla carta, ti sembra di ottenere dei rendimenti eccezionali e magari ti può andare bene, ma, d’altra parte, il rischio è davvero elevato.
Eventi come quello che hanno coinvolto FTX rischia di scatenare il panico tra chi ha appena cominciato a investire in cripto o vuole iniziare, ma ci tengo a dire che la rendita a cripto non va demonizzata: per una FTX, ci sono altre 10-20 piattaforme affidabili e che stanno lavorando bene.
Il mio consiglio è di informarsi, studiare e investire in modo consapevole sia delle possibilità, sia dei rischi.
Scusa, Francesco, ma ci tenevo a togliermi questo sassolino dalla scarpa; tornando a noi, abbiamo parlato degli aspetti positivi di questa nuova normativa. Quali sono, invece, quelli negativi?
Francesco Avella:
Ci sono degli aspetti che presentano dei veri e propri “buchi”, ma rischiamo di addentrarci in questioni tecniche che probabilmente non risultano utili a un utente che non fa il mio stesso mestiere.
Di rilevante ci sono, però, delle mancanze.
Come ho già detto, parliamo di una legge scritta in pochissimo tempo, per cui confido che nel tempo saranno apportate le modifiche necessarie per renderla univoca, a scanso di interpretazioni fantasiose.
Ti faccio un esempio su un aspetto che nasce per essere positivo, ma che diventa negativo perché genera incertezza: questa legge prevede che, se voglio scambiare una criptovaluta con un’altra (esempio: scambiare Bitcoin con Ethereum) rimanendo nel mondo cripto, senza convertire in euro o dollari, questo scambio non è tassato, è come se non esistesse.
A mio avviso, questa è un’ottima notizia, ma purtroppo ci troviamo davanti a una regolamentazione a metà che denota la poca dimestichezza con il settore: lo scambio non è tassato se avviene tra criptovalute che hanno medesime caratteristiche e funzioni.
Ad oggi esistono circa 17mila valute virtuali, più un numero imprecisato di NFT, quindi, andare a indagare per ogni scambio la compatibilità di caratteristiche comporta non solo un gran mal di testa, ma anche il rischio di un contenzioso con il fisco.
Secondo me è importante che l’Agenzia delle Entrate intervenga fornendo un’interpretazione univoca della faccenda.
Alfonso Selva:
Francesco, una domanda importante: un investitore che ha comprato, diciamo, 500 euro di cripto e oggi, vendendole, ne ha ricavati altri 500, paga le tasse su questo plusvalore?
Francesco Avella:
La risposta è no, anche se la legge ha cambiato la logica: prima, con l’assimilazione alle valute estere, si ragionava in termini di “massa posseduta”, quindi se tu possedevi un determinato valore in criptovalute, anche una piccola plusvalenza sarebbe stata tassata.
Mi spiego meglio: prima, se possedevi l’equivalente di 51mila euro in criptovalute convertite in cambio di inizio anno, ti venivano tassate tutte le plusvalenze, anche quelle molto piccole. Il sistema risultava, quindi, un po’ anomalo perché potevi avere situazioni in cui il contro valore di ciò che possedevi era inferiore a quei 51mila euro e quindi non pagare le tasse sulle plusvalenze, ma, ti faccio un esempio: magari potevi possedere un controvalore di 20mila euro – inferiori quindi a 51mila – e non pagare le tasse su una plusvalenza anche di 30mila.
Al contrario, ci si poteva ritrovare in situazioni in cui si erano investiti 100mila euro e vedersi tassati una plusvalenza di soli 500. La nuova legge cambia il ragionamento: non si ragiona più in termini di cripto che tu possiedi, ma di importo della plusvalenza.
Le plusvalenze fino a 2000 euro all’anno non vengono tassate, raggiunta quella somma, parte la tassazione.
È importante sottolineare che la tassazione si applica su un calcolo cumulativo annuale, quindi non c’è la possibilità di frazionare per evitare di pagare le tasse sulle plusvalenze.
Alfonso Selva:
Parliamo sempre del famoso 26% di tassazione?
Francesco Avella:
Sì, sempre quel 26% di cui abbiamo già parlato, in dichiarazione o applicato dall’intermediario, che però dovrà vedersi chiarire dall’Agenzia delle Entrate come deve applicare questi 2000 €.
E questo è un problema, visto che parliamo del limite complessivo e l’intermediario, invece, applica l’imposta plusvalenza per plusvalenza e quindi come fa a sapere se tu alla fine dell’anno raggiungerai 2000?
Ti confesso che quando ho saputo della figura degli intermediari ho pensato di trovarmi davvero davanti a una svolta epocale, ma nessuno accetta di ricoprire questo ruolo perché è ancora troppo presto, non sanno come muoversi, ci sono ancora troppi dubbi interpretativi sulle cripto.
C’è di più: un intermediario deve applicare la tassazione al valore di mercato delle cripto molte volte, ma come, se non esiste ancora un mercato regolato e ogni exchange ha un valore diverso?
Quella che hanno fatto è una grande riforma, ma serve un “piano di volo” preciso per questi intermediari, altrimenti non sarà servita a nulla.
Alfonso Selva:
Ho un dubbio: nella tassazione delle plusvalenze vengono considerate anche quelle teoriche?
Francesco Avella:
No, sia prima che ora, le plusvalenze prese in considerazione sono solo quelle realizzate, quelle teoriche non sono mai state tassate e non vengono tassate nemmeno oggi, non in Italia almeno.
Alfonso Selva:
Senti, abbiamo affrontato vari argomenti importanti, c’è qualcos’altro che magari non ti ho chiesto che potrebbe essere interessante per chi vuole investire in questo campo nelle cripto?
Francesco Avella:
Sì, vi spiego due aspetti della nuova legge, uno positivo e uno negativo, per bilanciare.
L’aspetto positivo è che è stata introdotta una norma che consente di rivalutare le criptovalute e questo può essere molto interessante per chi ha investito qualche anno fa, magari con i valori di carico molto bassi.
Naturalmente, chi decide di investire oggi dovrà attenersi alla nuova normativa, quindi potrebbe ritenere questo aspetto poco interessante; tuttavia, non va sottovalutato un aspetto importante: quando una norma di rivalutazione come questa entra nell’ordinamento giuridico italiano diventa un’occasione per poi in futuro essere riaperta.
L’aspetto negativo è che, con questa legge di bilancio, hanno fatto una mini-patrimoniale:
hanno esteso alle criptovalute l’imposta di bollo allo 0,20% l’anno, dovuta da tutti, sia privati che imprese. Questo aspetto crea un sacco di problemi senza portare grande beneficio, anzi, rischia di scoraggiare il rivolgersi a un intermediario finanziario e la dichiarazione onesta delle cripto.
Peraltro, questa imposta è dovuta da tutti, non solo dai privati investitori ma anche dalle imprese.
Se una SPA o una SRL oggi dovesse investire in cripto, dovrebbe pagare questa mini patrimoniale, estremamente fastidiosa concettualmente, anche perché è difficile da applicare per gli intermediari finanziari che dovessero applicare il bollo per i motivi di cui abbiamo già parlato.
Qual è il valore di mercato delle cripto?
Risulta difficile da applicare per il contribuente perché anche lui si fa la stessa domanda il valore di mercato.
Quindi, l’anomalia è che nella relazione tecnica alla legge di bilancio perché, come si diceva, non si era nemmeno in grado di stimare il gettito che potevano fare con questa imposta.
Attualmente nessuno sa quante cripto ci siano in Italia, non lo sa nemmeno il Governo, quindi capisci bene che mettere in piedi una norma di questo tipo, che mette in difficoltà gli intermediari sull’imposta di bollo, crea un sacco di problemi a fronte di un rientro davvero esiguo per lo stato.
La questione è stata criticata in lungo e in largo da quando è stata approvata la legge di bilancio e sono state richieste revisioni da consorzi – Crypto Values per citarne uno, che raccoglie operatori di cripto – e professionisti del settore.
Anche a me è stato chiesto di presentare delle osservazioni alla Camera e al Senato.
Tutti hanno fornito suggerimenti tecnici di vario genere, ma su un argomento si è raggiunta l’unanimità: la richiesta di abolizione dell’imposta di bollo perché, così com’è adesso, crea un sacco di problemi senza grandi benefici.
Prima dicevamo che avere gli intermediari italiani che possono applicare il 26% diventa un incentivo ad andare presso intermediario italiano, ma questa imposta di bollo rischia di diventare un disincentivo ad affidarsi a un professionista e a dichiarare le cripto.
Chiedere al contribuente di dichiarare in queste condizioni rischia seriamente di spingerlo a rivolgersi a exchange stranieri, disincentivando il buon proposito di coinvolgere gli operatori italiani.
Tutti hanno provato a sollevare questa criticità, che però non è stata accolta.
Questa norma presenta dubbi applicativi enormi: torniamo a poco fa, qual è il valore di mercato delle cripto? Senza una risposta a questa domanda, come si può applicare l’imposta di bollo?
Per onestà intellettuale, bisogna ammettere che essere i primi – o tra i primi – a emanare una legge così pionieristica e ambiziosa comporta necessariamente delle sviste e degli errori. La ragionevole speranza è che il governo sia abbastanza lungimirante da comprendere le criticità e migliorare il tiro.
Sono certo che, in futuro, avremo ancora modo di parlare di questa normativa e di scoprirne via via i punti di forza e le lacune ancora da colmare.
Alfonso Selva:
Francesco, ti ringrazio moltissimo e ti faccio i miei complimenti perché l’argomento era un po’ tecnico, ma sei riuscito a spiegarlo in modo molto interessante.
Potete trovare Francesco Avella su LinkedIn e leggerlo sul Sole 24ore per altri approfondimenti sulle criptovalute.
Francesco Avella: grazie a te, Alfonso, e grazie a tutti.
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Alfonso Selva
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