Cultura e educazione finanziaria per i giovani. Int. a Emanuela Rinaldi presidente ONEEF. Podcast Finanza Semplice EP. 208

Cultura finanziaria e educazione finanziaria per i giovani

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Alfonso Selva Consulente Finanziario Roma

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COME INSEGNARE AI FIGLI A RISPARMIARE E A INVESTIRE

Alfonso Selva:

Oggi parliamo di come insegnare ai nostri figli a risparmiare e investire i loro risparmi e guadagni in modo corretto. Ne parliamo con la professoressa Emanuela Rinaldi. 

Benvenuta Emanuela!

Emanuela Rinaldi:

Ciao Alfonso, grazie dell’invito. 

Alfonso Selva:

Emanuela è responsabile scientifico dell’ONEEF, Osservatorio Nazionale di Educazione Economico Finanziaria presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, nonché autrice di moltissimi libri. Uno di questi sarà l’argomento di oggi per approfondire il tema di oggi, ossia l’educazione finanziaria per i nostri figli.

Io cerco sempre di fare educazione finanziaria per quelli che, da consulente finanziario, potrebbero essere miei clienti, però se si inizia da piccoli, una volta arrivati al momento del primo impiego questi ragazzi saranno già ben formati; quindi, stai facendo un lavoro fantastico con le tue ricerche, ma anche con questo libro, che si intitola “La paghetta perfetta”. Ce ne vuoi parlare?

Emanuela Rinaldi:

Certo, anche perché il tema del denaro come “mediatore” tra genitori e figli è stato l’oggetto della mia tesi di dottorato in Sociologia e anche, in parte, del master in psicologia economica, quindi è un argomento che ha accompagnato tutta la mia carriera universitaria.

Sono dell’idea che, in un periodo storico ed economico, in cui non è più possibile contare su un sistema di welfare così “generoso” come quello degli anni passati, diventa fondamentale insegnare ai figli sin dall’infanzia una gestione corretta del denaro per due motivi: il primo è, naturalmente, per abituarli a gestire correttamente le finanze e costruire un buon livello di benessere finanziario sfruttando anche le opportunità che il mercato offre, il secondo motivo è evitare degli errori che difficilmente possono essere poi corretti con quegli stessi sistemi.

Se, per fare un esempio banale, pensiamo alle pensioni o anche agli aiuti – anche di tipo familiare – che potevano arrivare anni fa : da sociologa, ci tengo a sottolineare come l’allungamento della vita media in Italia sia stato un fattore senz’altro positivo sotto molti punti di vista, ma, sotto altri, significa che i figli ereditano più tardi il capitale.

Per questa ragione, è fondamentale insegnare sin da piccoli le competenze finanziarie da sviluppare poi durante la crescita 

Alfonso Selva:

Sai, in uno dei miei primi video avevo come ospite mio figlio, che all’epoca aveva tredici o quattordici anni e gli ponevo delle domande proprio sull’educazione finanziaria. È uno dei video più visti del canale, probabilmente proprio perché è un tema molto sentito. 

Emanuela Rinaldi:

Non stento a crederci: nella mia carriera di studiosa, ho intervistato tanti genitori che dicevano che raccontavano i loro pensieri sul denaro. Il problema è che molte volte alcuni genitori non sanno bene su che basi, poi, costruire le competenze finanziarie, mentre altri sembra che abbiano paura o non vogliono assolutamente parlare di denaro con i figli fino all’adolescenza o alla pre adolescenza. Per questo che ho scritto “La paghetta perfetta”. 

Alfonso Selva:

Ricordo che, quando ero piccolo, i miei non parlavano con me di soldi perché era visto come un tabù coinvolgere i figli nelle questioni economiche.

Mi dicevano “Quando sarai grande, capirai”. In questo modo, però, quando un ragazzo inizia a guadagnare, non ha idea di come si gestisca veramente il denaro. Non a caso, nell’ambito europeo e mondiale, l’Italia si trova in posizioni bassissime nelle classifiche che valutano l’educazione e la cultura finanziaria. 

Emanuela Rinaldi:

Ti confermo che, secondo le indagini OCSE, siamo agli ultimi posti sia per quanto riguarda sia gli adolescenti, sia gli adulti.

In questi casi, però, bisogna valutare un insieme di fattori: negli Stati Uniti, ad esempio, il tema del denaro è molto più discusso in famiglia anche tra i bambini piccoli e questo probabilmente deriva da un’impostazione culturale religiosa.

Il sociologo Max Weber, per citare un luminare, ha scritto proprio un saggio sulla relazione tra spirito del capitalismo ed etica protestante.

L’Italia, al contrario degli Stati Uniti, subisce ancora le conseguenze della forte influenza cattolica che ha dominato il Paese per secoli: parliamo di una visione religiosa per cui il denaro era lo “sterco del diavolo”. In quest’ottica, è chiaro che se il denaro viene ancora percepito come qualcosa di sporco non è certo tra le prime risorse che si tende a fornire a un bambino. 

Alfonso Selva:

La prima domanda che voglio farti sembrerà semplicissima: sei favorevole alla paghetta ai figli o ritieni che sia meglio comprare ciò che viene chiesto? Cosa emerge dal tuo libro?

Emanuela Rinaldi:

Mentre scrivevo “La paghetta perfetta”, ho consultato moltissimi studi e devo ringraziare Debora Rosciani e Mauro Meazza per avermi aiutata a tradurre questi risultati in un linguaggio divulgativo.

Allora, la paghetta “perfetta” non esiste, ma i metodi per insegnare ai figli la corretta gestione del denaro sono basati su quattro fattori:

  1. Le competenze matematiche, quindi, banalmente la capacità di far di conto. 
  1. La capacità di stabilire un budget: è importante mostrare ai bambini un foglio Excel, un App, un quaderno della nonna con entrate e uscite affinché siano in grado di capire il rapporto tra, appunto, entrate e uscite. Esempio: “Voglio un nuovo gioco per la PlayStation.”. Bene: quanto costa? Quanto si deve guadagnare in un mese? Quanto bisogna risparmiare? 
  1. Le competenze di scrittura: leggere un contratto o un articolo che parla di finanza sono cose che un bambino può cominciare a fare fin da piccolo, magari non sarà tutto chiarissimo, ma sono attività utili per avvicinare i bambini a questo tipo di letture. 
  1. La capacità di iniziare a guadagnare del denaro da soli: in Italia è possibile per gli adolescenti fare dei lavoretti retribuiti. 

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Alfonso Selva:

Mescolando questi quattro elementi, è possibile insegnare ai nostri figli a ragionare sulla necessità di fare delle previsioni di spesa rispetto alle loro effettive disponibilità.

Allo stesso modo, dare 5, 30, 50 Euro € senza una ragione specifica, li porta solo a pensare a come spendere quei soldi per trovare una gratificazione istantanea, senza valutare, ad esempio, che risparmiando si possa acquistare qualcosa di più grande, costoso e soddisfacente, che duri nel tempo. 

Emanuela Rinaldi:

Esatto e ci viene incontro la competenza matematica: se vuoi il monopattino più bello, che costa 133 €, quante paghette ti servono?

Quanto devi guadagnare? Se ogni settimana spendi 5€ per il gelato e le figurine, devi detrarre quel tipo di spesa. In questo modo si pianifica.

Anche a scuola fanno educazione matematica con esempi legati a prezzi e ricavi. È educazione finanziaria, ma non lo sanno

Alfonso Selva:

In effetti, ho riscontrato che una delle cose più difficili per i ragazzi, ma anche per gli adulti è il concetto di sconto di percentuale cioè il 10, il 20, il 30%.

Cose che per me che faccio questo lavoro sono semplicissime, ma difficilmente si riscontra una reale competenza e comprensione dell’argomento. Non so se l’hai riscontrato anche tu. 

Emanuela Rinaldi:

Non la riscontro perché non ho mai studiato questi temi, però non mi stupisce perché si è visto che chi ha migliore competenze matematiche e quindi sa fare sconti percentuali ha migliori competenze finanziarie, quindi, indirettamente supporto la tua ipotesi Alfonso.  

Alfonso Selva:

Ora vorrei farti una domanda d’attualità: vedo che in copertina hai scelto di mettere una bambina. C’è una differenza di genere in merito all’approccio al risparmio, alla spesa e agli investimenti? 

Emanuela Rinaldi:

Purtroppo in Italia si riscontra una differenza molto marcata anche nella fascia adolescenziale e questo risultato risulta evidente da più indagini diverse.

La più famosa è quella svolta a Pisa: dagli Invalsi emerge che a 15 anni le ragazze hanno meno competenze finanziarie dei ragazzi e questo gap nelle competenze finanziarie si accentua anche tra gli adulti e tra gli anziani.

Naturalmente non parlo di uomini e donne che lavorano nel campo della finanza, lì non c’è gap.

È per questo motivo che abbiamo volutamente inserito una bambina nella copertina proprio per rimarcare l’importanza di sostenere le competenze finanziarie anche delle ragazze e non solo dei maschi, perché si è visto anche che le ragazze sembrano meno interessate alla finanza in generale.

Abbiamo riscontrato che la maggior parte delle ragazze è solamente interessata ad aspetti finanziari legati magari anche al reddito di alcune professioni, quindi alle attese e alle aspettative di reddito di alcune professioni.

Questo, secondo alcuni studi, le induce con maggiore probabilità a scegliere dei corsi laurea di stampo umanistico che, secondo diversi studi – ad esempio i riscontri di Almalaurea – hanno un’aspettativa di reddito dopo la laurea più bassa rispetto invece alle famose materie STEM.

Quindi, a 27 anni un laureato in informatica guadagna molto di più che una laureata in Scienze della Formazione che fa comunque un lavoro assolutamente dignitoso e bello come insegnare ai bambini.  

Alfonso Selva:

Nel mio lavoro, invece, quando ho a che fare con una donna che si presenta da sola, ho notato che tendono a essere più propense al risparmio piuttosto che all’investimento.

Anche sul lato degli investimenti, quando c’è interesse, le donne tendono a essere più diffidenti e meno propense al rischio. 

Emanuela Rinaldi:

Questo libro è dedicato al rapporto genitori e figli e ai minorenni, però le indagini che sono state fatte sugli stereotipi di genere e sulle differenze tra uomini e donne nel rapporto con la finanza indicano che c’è una maggiore propensione al rischio degli uomini rispetto alle donne.

All’Università Bicocca abbiamo un progetto gratuito che si chiama “Fitness for Finance migliora il tuo benessere finanziario”. Gli studenti possono iscriversi gratuitamente e abbiamo volutamente inserito una quota pari tra maschi e femmine perché di solito abbiamo una marea di iscritti soprattutto maschi, ma volevamo che fossero esattamente a metà.

Misuriamo all’inizio alla fine del percorso alcune competenze, atteggiamenti, interessi e propensione al rischio e abbiamo notato che alla fine del percorso le ragazze migliorano le loro competenze così come anche i ragazzi ma non si riducono le differenze di genere soprattutto sulla self-confidence in merito alle proprie scelte.

È come dicevi tu: le donne sono più prudenti Questa prudenza non è necessariamente un male, ma in questo modo le donne a volte non sfruttano le opportunità legate ad alcuni momenti rischiosi, che possono essere assolutamente sfruttati se accompagnati da una scelta informata – anche da un buon consulente finanziario – e quindi queste opportunità non vengono colte. 

Alfonso Selva:

Secondo te da dove deriva questa differenza di atteggiamento?

Ritieni che sia una questione di geni o, piuttosto, un retaggio culturale o un mix dei due elementi?

Negli altri Paesi la situazione è simile o è una caratteristica italiana?

Emanuela Rinaldi:

Escluderei la questione genetica: da sociologa, se mi chiedi di scegliere tra “natura” e “cultura” non posso che risponderti “cultura”.

Se fosse una questione di geni, ritroveremmo questo gap anche in altri Paesi, ma è non è così.

La questione non è di “sesso”, che è legato ai geni, bensì di genere, che è un fattore che viene costruito dalla cultura e mi sembra proprio questo il caso in Italia. È possibile che siano proprio i genitori a essere meno attenti alle competenze finanziarie delle ragazze rispetto ai loro coetanei maschi.

Ci sono indagini Istat che dimostrano che i genitori danno una paghetta più alta ai figli maschi rispetto che alle femmine a parità di età. Quindi, già a 15 anni esiste una differenza “salariale”.

Un altro esempio che posso farti è quello relativo ai lavoretti esterni, come fare la cameriera o il volantinaggio nel weekend, si è notato che c’è una maggiore propensione a incentivare i maschi rispetto alle femmine.

Anche questa può essere una volontà di rallentare la progressiva autonomia delle figlie femmine, quando, invece, le aiuterebbe a sviluppare delle competenze finanziarie se guidate.

Infine, c’è un discorso anche di media, di modelli televisivi, modelli social o cinematografici, che a volte sono ancora predominanza maschile; ad esempio, negli esperimenti che facciamo all’Università, alla domanda “Citami una persona molto ricca”, le risposte sono quasi automaticamente Berlusconi, Elon Musk, Bill Gates, Cristiano Ronaldo, Mark Zuckerberg, Chiara Ferragni, Shakira e Rihanna.

Allora, qual è la differenza tra queste persone?

I primi sono imprenditori, spesso di settori legati alle nuove tecnologie, le altre legate più al mondo dello spettacolo. Chiara Ferragni è un caso un po’ particolare perché non appartiene propriamente al mondo dello spettacolo, ma raramente racconta il suo modello di business, di come l’abbia fatto evolvere, i diversi modelli di business che ha adottato e quindi da quel punto di vista rende più difficile identificazione una carriera imprenditoriale femminile “tradizionale”. Le stesse risposte le riceviamo anche da soggetti di fasce d’età inferiori a quella universitaria. 

Alfonso Selva:

Secondo te, in base alle vostre ricerche, è sbagliato dare dei premi per lo studio o per l’impegno o per la collaborazione nelle faccende domestiche?

È sbagliato impostare questo sistema di incentivi o no?

Emanuela Rinaldi:

Non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino che questo tipo di accordo familiare crei delle problematiche a livello di competenze finanziarie, almeno dalle indagini svolte in Italia.

Sento psicologi che gridano allo scandalo per questo genere di sistemi di incentivi, ma è un rifiuto che può derivare dalla loro esperienza, dai loro specifici pazienti. Di certo non deriva dai 10.000 soggetti che ho studiato sui data-set. Il tipo di casistiche che può rilevare uno psicologo non può certo essere rappresentativo a livello nazionale. Anzi, nelle interviste che io faccio, ci sono delle mamme che mi raccontavano in realtà loro da quando hanno inserito un compenso per i lavoretti in casa hanno visto che le figlie, in particolare, si impegnano di più.

Uno studio americano riporta che se viene insegnato, per esempio, ad apparecchiare bene la tavola seguendo dei principi estetici o quelli del galateo, questo compito viene svolto con più cura perché rafforza il senso di auto-efficacia. Ripeto, è uno studio americano, non so se si possa applicare anche all’Italia, ma se un ragazzo o una ragazza impara a svolgere bene quella funzione, ovviamente non può riportarla nel curriculum, ma sa di poterlo fare e di essere bravo o brava a farlo. Un domani, può offrirlo come servizio ai vicini o se si va a lavorare in un ristorante. 

Alfonso Selva:

Ecco, ho un’altra domanda: secondo te, è meglio dare ai figli soldi in contanti oppure una carta ricaricabile, considerando che i contanti stanno via via sparendo?

Emanuela Rinaldi:

Dal punto di vista delle ricerche è emerso che il denaro in una carta induce a spenderli con maggiore facilità rispetto ai contanti.

Questo lo confermano tantissime indagini condotte su adulti, ma, se parliamo di un minorenne, c’è un grande vantaggio per un genitore nell’usare di un elettronico, cioè il controllo: tu vedi esattamente cosa spendono.

Da non sottovalutare è la questione della sicurezza: se il figlio va all’estero oppure va a fare un viaggio e gli dai la carta ricaricabile e gli rubano il portafogli devono comunque conoscere il PIN e avere una serie di strumenti per sottrarre il denaro.

È diverso dalla nostra epoca, quando i genitori ti davano 200mila lire da nascondere in valigia per paura che li rubassero.

Poi c’è un’altra questione: gli adolescenti spesso fanno delle spese che i genitori non dovrebbero sapere come le sigarette piuttosto che l’alcol e quindi la carta prepagata, a volte, viene poi bypassata in modo creativo. Dagli adolescenti che ho intervistato sono emerse altre forme di pagamento che possono essere, appunto, contanti piuttosto che crediti girati su Satispay o in altro modo. 

Alfonso Selva:

Lo sappiamo, siamo stati anche noi figli e ce ne siamo inventate di tutti i colori e loro sono sempre creativi nel trovare nuovi sistemi per “fregarci”.

Passiamo a un altro argomento: tu dirigi questo osservatorio nazionale dell’educazione economico finanziaria, quali ritieni che potrebbero essere le cose da fare per incrementare questa educazione finanziaria nei figli e nei bambini, anche perché non so quanto spende lo Stato e quanto spendono i privati. C’è un’integrazione, un accordo?

Emanuela Rinaldi:

Negli ultimi anni, sia i privati che lo Stato hanno investito tanto in termini di educazione finanziaria in Italia e una delle manifestazioni più visibili è stata la creazione del “mese dell’educazione finanziaria”, che è a Ottobre.

Da diversi anni, infatti, il mese di Ottobre è dedicato alla realizzazione di tante iniziative programmi risorse di educazione finanziaria. 

Anche “La paghetta perfetta” l’abbiamo pubblicato proprio a Ottobre dell’anno scorso per questo motivo.

Detto ciò, le competenze finanziarie degli italiani purtroppo non stanno ancora migliorando molto e nei tavoli di lavoro che facciamo con docenti di atenei diversi all’interno dell’osservatorio che dirigo si è visto che uno degli aspetti più critici è il lavoro di rete, che ad oggi manca ancora rispetto a questi diversi enti così come anche un’attenzione a individuare quali sono gli strumenti e le pratiche che funzionano di più.

A volte, purtroppo, gli enti vanno avanti sulla loro strada senza verificare quanto sia efficace un determinato percorso didattico. Manca, quindi, una sinergia tra enti pubblici privati del terzo settore perché, a volte, alcuni enti sono più interessati a un discorso di visibilità o di coinvolgimento e trascurano, invece, l’aspetto della valutazione dell’efficacia del percorso didattico.

Su questo ci sono le linee guida promosse dal Comitato Nazionale Educazione Finanziaria, proceduto da Annamaria Lusardi, ma evidentemente non tutti le seguono; in più, i progettatori dovrebbero sempre cercare di partire da un’analisi della letteratura, dal consultare le linee guida che esistono su diversi temi invece che di concentrarsi sull’iniziativa in sé, velocemente e a tavolino, per emergere. 

Questo, punto di vista scientifico, raramente poi produce buoni effetti.

Senza poi dimenticare che qualcuno ha proprio degli interessi e delle affinità commerciali, quindi l’intento educativo manca totalmente: non c’è nemmeno un obiettivo o una progettazione in cui vengono definiti chiaramente degli obiettivi, piuttosto è come se fossero, di fatto, delle attività di marketing solo per reclutare nuovi nomi da inserire nella newsletter o da profilare.

Su questo punto sono molto critica, i miei colleghi sanno che su questo punto mi batto ferocemente.

Alfonso Selva:

Però, c’è una buona notizia: circa un mese fa finalmente hanno fatto una legge per far fare l’educazione finanziaria a scuola. 

Emanuela Rinaldi:

Esatto. Si tratta di un Disegno di Legge proposto e discusso da Magda Bianco.

https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/FascicoloSchedeDDL/ebook/55331.pdf

Online si trova un documento che lo descrive molto bene in cui le proposte sono essenzialmente due: 

  • Inserire l’Educazione Finanziaria come una materia trasversale all’interno dell’Educazione Civica, quindi 33 ore l’anno all’interno, appunto, del contenitore dell’Educazione Civica;
  • Un insegnamento ad hoc, come succede in altre nazioni in Regno Unito, la Svezia o il Portogallo. 

Ad oggi, sembra che la prima proposta stia andando avanti.

Non sono tantissime ore perché in quel monte ore vanno inseriti altri elementi come Educazione al Benessere Ambientale, ma è comunque un inizio e ci auguriamo che sia un’occasione anche per tutti questi altri player che ti citavamo prima – banche, assicurazioni, istituti di credito, società che fanno consulenza o anche consulenti indipendenti – per mettere in condivisione delle risorse che esistono già. Per esempio, so che tu hai scritto un libro gratuito che offre diversi spunti. 

Alfonso Selva:

Sì, io non sono un professore, ma l’ho scritto proprio per fornire le basi per capire le differenze tra un’azione e un’obbligazione, per valutare se è meglio investire in una casa, in oro o in bitcoin, insomma, per offrire un’infarinatura generale e non partire da zero quando si affrontano questi argomenti.

Ho voluto scriverlo perché molti dei nostri coetanei non hanno mai ricevuto una vera e propria Educazione Finanziaria.

Quindi, questa proposta di legge mi sembra una svolta estremamente positiva. Vi hanno coinvolti?

Emanuela Rinaldi:

Allora, al momento, nella costruzione del disegno di legge no. Adesso si tratta di fare una sperimentazione che sarà controllata da Banca d’Italia per vedere come va l’introduzione nelle diverse scuole e quello che so è che ci sono alcune collaborazioni in corso con uno dei membri del comitato che dirigo sulle studentesse e gli studenti di Scienze della Formazione.

Questo è importante per vedere anche come reagiscono gli insegnanti, ad esempio delle scuole primarie, rispetto a questa idea di introdurre la finanza anche all’interno delle loro ore.

Ci sono tanti insegnanti ma anche sociologi che vedono con orrore l’idea che la finanza venga introdotta a scuola.

Addirittura, ho sentito un collega che, durante una seduta plenaria in un’aula magna diceva “Ci mancava solo l’Educazione Finanziaria a scuola”.

Io, invece, dico, meno male che l’hanno finalmente introdotta! Come si può pensare che nel 2023 la finanza non sia rilevante in un percorso didattico? Uno scettico potrebbe ribadire che la scuola sta diventando un’emanazione del mercato e che i bambini devono imparare l’arte, il gioco e la poesia.

Su questo sono anch’io d’accordo a questo, ma una cosa non esclude l’altra.

Come diciamo nel libro, pensare che un bambino di 5 o 7 anni non abbia idee in merito al denaro è pura utopia: se chiedi a un bambino Cosa pensi del denaro? Chi è una persona ricca? Chi è una persona povera? Come si diventa ricchi? Il bambino, anche a 6-7 anni, ti risponderà attingendo a modelli che già possiede, come la televisione, il cinema, YouTube. Pensare che i bambini non abbiano idee sulla finanza è un autoinganno. 

Alfonso Selva:

Beh, noi della nostra generazione eravamo davvero ignoranti da bambini: io a 5-6 anni non ne avevo alcuna idea. 

Emanuela Rinaldi:

Ma no, Alfonso, è una falsa convinzione.

Prendi come esempio Pinocchio: il Gatto e la Volpe gli dicono “Pinocchio, dacci 100 fiorini e domani ne avrai 1.000”.

In alcuni casi, le criptovalute funzionano proprio così!

Ora, le criptovalute possono essere una buona idea, ma la maggior parte delle persone che fa questo tipo di scelta si rifà a questo tipo di schema, uno schema che ha scritto Collodi. Un ragionamento vecchissimo, eppure estremamente attuale.

Quindi, vedi, anche a te parlavano di finanza. 

Alfonso Selva:

In effetti è vero, ma era molto edulcorata. Nessuno ti parlava mai di risparmio, di come investire. 

Emanuela Rinaldi:

Pensa a un altro esempio: la storia della Cicala e la Formica.

Ecco, quella è proprio una favola sul risparmio!

In “La paghetta perfetta”, abbiamo riunito tutta una serie di studi con un linguaggio abbastanza semplice, ma rivolte ai genitori, oltre a dei riferimenti scientifici abbastanza importanti.

Qualche anno fa, nel 2013 e nel 2020, abbiamo curato due pubblicazioni per le scuole primarie gratuite, che si chiamano “Fiabe e denaro”: il primo dedicato soprattutto al risparmio, mentre il “Fiabe e denaro 2” è dedicato più a come rispondere agli shock finanziari prestando attenzione ai nostri tre capitali, dove abbiamo raccolto delle fiabe classiche e in alcuni casi le abbiamo fatte rivisitare dai bambini.

Ad esempio, “La cicala e la formica” che è proprio una degli esempi classici della dell’immaginario collettivo e della tradizione orale, che poi è stata rivisitata da Jean de la Fontaine però sempre quello il concetto, finisce male: la cicala, che non ha risparmiato, quando arriva l’inverno muore.

Questo finale turbava i bambini dal punto di vista emotivo, quindi alcuni di loro hanno voluto provare a pensare delle soluzioni alternative e hanno proposto un finale diverso, basato anche sull’amicizia tra questi due animali, che è comunque una forma di tesoro.

Non a caso, si dice “Chi trova un amico, trova un tesoro”.

Quello che spesso dico ai miei studenti è che uno dei migliori investimenti che possano fare, dal punto di vista psicologico s’intende, è proprio avere un buon amico.

Dal punto di vista economico e finanziario, un buon amico può aiutarti a compiere delle scelte ragionate, disinteressate e a evitare di agire d’impulso.

Detto questo, vorrei parlare di “capitali” perché ritengo sia fondamentale per capire tutto quello che ci siamo detti finora. Pierre Bourdieu, un sociologo francese che purtroppo è venuto a mancare qualche anno fa, considerato uno dei Padri della Sociologia contemporanea, ha teorizzato questo: ognuno di noi è dotato di tre “capitali”: 

  • Capitale sociale: le relazioni;
  • Capitale culturale: titoli le conoscenze, anche in ambito finanziario, e i valori;
  • Capitale economico: i beni, il denaro e i possedimenti. 

Ecco, secondo Bourdieu, nella vita è importante coltivare tutte e tre queste forme di capitale affinché possano interagire per uno sviluppo pieno e totale.

Questo perché? Perché, per esempio, un laureato, che ha quindi coltivato il capitale culturale, non cura quello sociale, per cui rischia di affidarsi per pigrizia o inettitudine a presunti esperti su cui non si è precedentemente documentato e rischia di finire male.

Sul portale del Ministero, si trova una piccola guida composta da cinque consigli basici, uno di questi è proprio Cura i tuoi soldi e informati bene. Non firmare se non hai compreso.

Spesso molta gente firma senza leggere i contratti che ha davanti e poi giù lacrime di coccodrillo.

A questo proposito, mi ricollego al discorso di poco fa: quando chiedo ai miei studenti di citarmi persone ricche, mi sento rispondere, tra gli altri, Maradona, Michael Jackson o Nicholas Cage, che sono stati o sono personaggi sicuramente ricchi, ma che, stando al gossip, non hanno poi gestito così bene le loro finanze. 

Alfonso Selva:

Infatti, leggendo in giro – io non sono uno studioso, ma cerco di documentarmi sempre – risulta evidente che spesso se arriva un’ingente quantità di denaro e non si hanno le competenze per gestirli, questi soldi finiscono nel giro di pochissimo tempo.

Se queste capacità non esistono, non vengono coltivate o non si ha l’umiltà di affidarti a qualcuno che aiuti nella gestione, ci vuole pochissimo a dilapidare una fortuna. 

Emanuela Rinaldi:

C’è uno studio che abbiamo citato in “La paghetta perfetta” che si concentra sulle persone che vincono lotteria e che, dopo un po’ di tempo, ritornano a un livello di insoddisfazione rispetto alla loro vita pari a quello di chi ha una situazione economica anche meno fortunata rispetto alla loro.

Entrano in gioco dinamiche diverse: se tu non sei in grado di avere una soddisfazione della tua vita sul fronte relazionale o anche progettuale, che ti permette di vedere una crescita costante del tuo introito o delle soddisfazioni del tuo lavoro, dopo un po’ si torna a un certo livello di frustrazione. È un paradosso paragonabile a quello del criceto che gira nella ruota: si va a inseguire sempre un certo stile di vita e, quando migliora, dopo un po’ ci si abitua.

Questo per dire che bisogna stare attenti: la gestione del denaro è una questione complessa.

Alfonso Selva:

Ho letto anch’io quello studio: moltissimi vincitori della lotteria – quasi tutti, a dire il vero – ritornano poveri nel giro di sei mesi, un anno o due perché spendono sconsideratamente e tornano alla condizione di partenza in poco tempo. 

Emanuela Rinaldi:

C’è da dire che lo studio è americano e che il campione era davvero molto ristretto, circa 30 persone, ma effettivamente dopo poco si torna al livello di insoddisfazione iniziale. 

Alfonso Selva:

Vogliamo approfondire ancora qualche aspetto del tuo libro che non abbiamo ancora trattato?

Emanuela Rinaldi:

Volentieri. Il libro ha come sottotitolo “Come educare i figli all’uso del denaro su basi scientifiche” e ti voglio citare un progetto di cui sono molto fiera, che dirigo da tanti anni, e che si intitola “La torta dell’economia”, un progetto per educare al risparmio, al dono, alla progettualità e alla solidarietà è un progetto per le scuole primarie viene realizzato di solito con degli animatori opportunamente informati che vanno nelle scuole a costo zero per le scuole – di solito c’è un contributo da parte degli sponsor che negli anni passati sono stati fondazioni piuttosto che banche che pagano il lavoro degli animatori che vanno in classe – e aiutano i bambini a costruire un salvadanaio diviso in quattro fette, proprio come una torta.

Il principio è che se tu hai una torta eccezionale il giorno di tuo compleanno fatta anche da chef Rubio, ma sei da solo il giorno del tuo compleanno probabilmente non sei felice perché non puoi mangiarla tutta, altrimenti stai male, puoi mangiarla un po’ per volta però sei da solo.

Per i bambini soprattutto è evidente il binomio ricchezze – felicità.

Sono proprio loro a dirti che se sei molto ricco, ma non hai veri amici, magari qualcuno parteciperà alla tua festa, ma solo per il regalino che riceveranno prima di andare via o perché hai la piscina o gli animatori e i gonfiabili. Non vogliono stare in compagnia del festeggiato, ma giocare con i suoi giochi e questo ovviamente non rende un bambino felice.

Il progetto si basa proprio sul saper partire da un’idea basica come questa per poi arrivare all’idea di condividere con gli amici.

Ogni settimana i bambini imparano un uso diverso del denaro: risparmi, progettualità, che sono per le persone che conoscono come i genitori, ma anche la solidarietà, che è per persone che non conoscono.

In questo modo, si acquisisce l’idea di mettere da parte dei soldi anche per aiutare gli altri, che siano persone conosciute o meno. 

Qualche anno fa, i bambini avevano messo da parte i soldi per i terremotati dell’Aquila perché per loro era una cosa importante aiutare.

Inoltre, abbiamo provato a testare il progetto con una équipe di ricercatori indipendenti, con loro c’era uno dei massimi esperti di tipologia della valutazione, che è professor Gianluca Argentin.

Abbiamo preso un gruppo di bambini che avevano seguito il progetto – gruppo trattato – e un gruppo di controllo costituito da bambini che non avevano seguito il progetto.

Attraverso dei modelli statistici abbiamo osservato le differenze tra i bambini trattati e non trattati: si è visto che i bambini che avevano fatto il percorso erano più aperti all’economia: avevano, innanzitutto, sviluppato delle migliori competenze finanziarie di base, un maggiore interesse verso la finanza, ma anche un maggiore altruismo. 

Alfonso Selva:

Molto bello, è stato inserito anche nel progetto di educazione finanziaria?

Emanuela Rinaldi:

Sì, l’abbiamo inserito nel mese dell’educazione finanziaria, quindi il progetto è stato presentato in più occasioni nel calendario. In realtà, come Università, stiamo lavorando su altri su altri fronti adesso.

Alfonso Selva:

Ecco, prima di concludere, ho visto che avete lanciato un progetto per l’estate indirizzato espressamente alle ragazze. Vorrei chiederti, è perché ci tenete a incrementare le competenze femminili, visto che quelle dei maschi, come dicevamo, sono già maggiori? Ce ne vuoi parlare?

Emanuela Rinaldi:

Molto volentieri. È un progetto su cui l’università, insieme ad altri componenti, come il Consiglio Pari Opportunità della Regione Lombardia, che hanno partecipato con il patrocinio e si tratta di un campo estivo solo, appunto, per ragazze adolescenti di 16-17 anni basato sull’educazione finanziaria e l’imprenditorialità, proprio perché, come dicevi tu, vogliamo ridurre questo gender gap e vogliamo partire da ragazze che nella loro vita abbiano un’ambizione anche vaga di fare le imprenditrici.

Questo è un gap molto importante in Italia: le donne si concentrano meno nei mercati, nella carriera imprenditoriale e, soprattutto, solo in alcuni settori di cura, di abbigliamento, di servizi alla famiglia tipicamente.

Invece, avrebbero grosse potenzialità anche nei settori STEM.

Nel progetto che faremo a gennaio del 2024 siamo raccogliendo partnership sponsorship testimonial e se vuoi te lo racconterò un’altra puntata del tuo podcast.

Alfonso Selva:

Sarebbe un piacere!

Ti faccio ancora due domande: questo progetto sarà gratuito – sostenuto dagli sponsor – o a pagamento?

Emanuela Rinaldi:

Il pagamento sarò sostenuto dagli sponsor, ma totalmente gratis per le partecipanti perché vogliamo ragazze di estrazione sociale anche molto diversa, tant’è che stiamo facendo un lavoro con le scuole, con le associazioni sportive, con i presidi, con gli oratori per portare anche le ragazze che magari studiano nei centri formazione professionale per diventare poi parrucchiere o estetiste e che mostrano uno spirito imprenditoriale per insegnare loro l’ABC della finanza. 

Alfonso Selva:

Lo farete solo a Milano o anche a Roma e in altre parti d’Italia?

Emanuela Rinaldi:

Al momento, nel 2024 lo iniziamo a Milano come progetto – pilota, ma più avanti, perché no, si potrebbe formare una rete di atenei per replicarlo altrove.

Quando tornerò a parlarne, magari inseriremo il link per iscriversi o solo capire di cosa si tratti.

Comunque, chiunque sia interessato a scrivermi può farlo alla email emanuela.rinaldi@unimib.it. argomento che per me è importantissimo e quindi grazie ancora.

Se sei disponibile ci sentiremo magari più in là su altre materie di mia competenze da studiosa di queste di queste cose.

Alfonso Selva: Grazie Emanuela per aver partecipato e per il lavoro che porti avanti per portare l’educazione finanziaria nelle scuole.

Emanuela Rinaldi: Grazie a te, Alfonso, per l’invito e ai tuoi lettori. 

..

La professoressa Emanuela Rinaldi è autrice di diverse pubblicazioni scientifiche e divulgative sul tema della cultura finanziaria degli italiani, sull’educazione finanziaria e sulle differenze di genere.

Il suo ultimo libro è “La paghetta perfetta. Come educare i figli all’uso del denaro su basi scientifiche.” Milano: Il Sole 24 Ore (2022).

Tra le pubblicazioni gratuite per le scuole, ha scritto:

Rinaldi E.E., Fiore B. (a cura di), (2020), Genny Topopizza,

Trudy la tartaruga: favole e fiabe per educare all’uso responsabile del denaro in un’economia che cambia, Varese: Edizioni dEste.
(disponibille gratutamente da https://www.kobo.com/it/it/ebook/fiabe-e-denaro-2 );

Rinaldi E. (a cura di), (2013), Fiabe e denaro. Un libro per educare al risparmio e all’economia, Varese: Edizioni dEste.

Per seguire le sue attività e le pubblicazioni, vedi il link

https://www.unimib.it/emanuela-emilia-rinaldi

Emanuela E. Rinaldi, PhD
Professoressa Associata in Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali e Diritto per l’economia
Università degli Studi di Milano-Bicocca
Via Bicocca degli Arcimboldi, 8.
20126 Milano (Italia)
tel +39 02 6448.3013
emanuela.rinaldi@unimib.it
Webex room:

https://unimib.webex.com/wbxmjs/joinservice/sites/unimib/meeting/download/ce2f1ccadba146108ac81eb72de4d405
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Io sono Alfonso Selva, Consulente Finanziario autorizzato e iscritto all’albo OCF (Organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei Consulenti Finanziari).
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Se vuoi puoi contattarmi a questi indirizzi e chiedermi una consulenza per stabilire un piano finanziario su misura per te.
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https://www.alfonsoselva.it/
info@alfonsoselva.it

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Se vuoi una consulenza personalizzata vai su www.alfonsoselva.it e fissa un appuntamento con me.

Alfonso Selva
Consulente Finanziario 

Padre orgoglioso di due ragazzi. 

Compagno felice e atleta che non molla mai.

Cell.   338-3169801

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